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Per ridere ai tempi del coronavirus occorre esser seri

Non saprei esattamente dire se cazzari si nasce o si diventa. So tuttavia che a un certo punto della mia vita ho dovuto scegliere se vivere o sopravvivere e ho scelto di vivere. Come? Tirando fuori la parte migliore di me, quella che a molti può sembrare cinismo ma che in realtà è ottimismo, voglia di cazzeggio, di vedere sempre il lato divertente delle cose.

Anche perché a lamentarsi o ad esser pessimisti cosa si guadagna? Il panico dove ci porta? Il terrore come ci aiuta? Così anche in questi giorni di coronavirus l’ho buttatta in caciara e siccome a scrivere tweet scemi sono molto brava, ne ho scritti alcuni, di getto, come faccio di solito. Ovviamente, come prevedibile, sono arrivati in tanti a dirmi cose che non sapevo e più esattamente che:

– con le cose serie non si scherza;
– questo umorismo potevi risparmiartelo;
– la gente è chiusa in casa e tu ci scherzi;
– ti facevo più intelligente;
– se ti morisse qualcuno eviteresti di scrivere puttanate.

Giusto! Ma la vita è bella perché è varia e oltre alle migliaia di faccine sorridenti a commento dei miei “tweet scemi” e nel bel mezzo dei vari insulti, ho gradito il commento di Maurizio: “ Da Codogno ribadisco: viva l’ironia di Giulia Selvaggi e di tutti quelli che contribuiscono, anche in questo modo, a contrastare il contagio degli avvelenamenti di pozzi. Grazie!”.
Scrivo questo per dire cosa? Per dire che ciascuno di noi ha un modo di essere, ciascuno di noi vive di paure, ciascuno di noi rimane a guardare oppure reagisce, ciascuno di noi si dispera o ne ride, ciascuno di noi si comporta in base a quello che è e soprattutto in base a quello che ha vissuto. Io ho perso mio padre quando ancora non sapevo cosa fosse la morte. Potevo rimanere sospesa nel vuoto facendomi trascinare dagli eventi e invece ho scelto di rimboccarmi le maniche e andare avanti, ho scelto di viverla tutta questa vita, fatta di dolori e assurdità, di assenze e di troppe presenze, di parole non dette, di legami spesso non coltivati, di silenzi assordanti e di lacrime trattenute. Ognuno di noi è quello che è. Io sono seria nel lavoro, sono seria con chi mi manca di rispetto, sono seria quando parlo di giustizia o di ingiustizia, che dir si voglia. Per il resto, quasi sempre, la butto in caciara, faccio battute sceme e rido. Rido perché spesso ci sarebbe da piangere, rido perché credo che ridere sia contagioso, rido per chi non sa più ridere e rido anche se le scuole sono chiuse e i tribunali sono aperti, anche se in Calabria la sanità è commissariata e soprattutto rido perché qui è stato registrato un solo caso di coronavirus. C’è qualcuno che ci crede? Io no, ma rido, rido perché a piangere siamo tutti capaci, mentre a ridere – di questi tempi – ci vuole tanto coraggio.

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